Lezione 5

Lezione 5

In questa quinta lezione abbiamo parlato di come affrontare l’avvicinarsi dello speech partendo da quello che bisogna fare nei vari intervalli di tempo.

 

Una settimana prima: il guardaroba

Pensate con anticipo a come vi dovrete vestire tenendo d’occhio le trappole nelle quali non bisogna cadere, ovvero apparire pesanti, trascurati, sciatti, noiosi oppure semplicemente fuori luogo.
Risulta essenziale indossare abiti con i quali vi sentiate a vostro agio e comodi: niente tacchi fashion che vi distrarranno costantemente o cinte troppo strette che vi impediranno di respirare (per non parlare di camicie come le mie che sembrano progettate da una casa di moda per la non violenza dato che non mi permettono di alzare le mani!).

Ricordate, inoltre, che se dovete usare un nuovo abito vi conviene, soprattutto alle donne, provare lo speech con quell’outfit precedentemente per evitare intoppi o problemi come spalline che cadono etc. In ogni caso evitate il nero se lo sfondo sarà nero, come anche un bianco troppo brillante o motivi a righe fitte che se ripresi in video daranno effetti davvero fastidiosi. Fate anche attenzione agli accessori: quelli tintinnanti o luccicanti non sono consigliati perché semplicemente distraggono.

 

Il giorno stesso: gestire l’ansia

L’ansia è fisiologica, soprattutto se per voi quell’intervento ha una grande importanza. Niente paura, imparate a respirare profondamente (l’ossigenazione aiuta a bruciare l’adrenalina) e prendere coscienza del proprio stato d’ansia: continuare a dirsi di non essere agitati non vi aiuterà.

Un aspetto importante è quello di evitare di andare nel pallone e per farlo non dovete far altro che trovare il vostro metodo di essere nel momento, ovvero di far concentrare la vostra mente su qualcosa che sta effettivamente succedendo e non lasciarla vagare nei meandri di chissà quale retrovia del pensiero: uno scioglilingua o una canzone possono essere ottimi modi.

 

Un’ora prima: fame nervosa e snack

In teatro un regista serio non ti lascerebbe mai toccare cibo nelle ore precedenti ad uno spettacolo perché mangiare altera la salivazione e può mandare all’aria la riuscita di uno spettacolo. In questo caso però, trattandosi di speech di durata molto più breve di uno spettacolo teatrale, potete concedervi questo lusso e mettere sotto i denti qualcosa non più tardi che un’ora prima del vostro intervento però. In questo modo eviterete i problemi di salivazione e ridurrete al minimo la fame nervosa che potrebbe sopraggiungere.

Fatto lo snack bevete pure un sorso d’acqua e poi state lontani dai liquidi.

 

Cinque minuti prima: sete e idratazione

Nell’ora che precede lo speech è meglio che teniate lontana l’acqua (e i liquidi in genere) dal vostro stomaco che, preso dall’ansia, potrebbe darvi impellenze fisiologiche inattese e urgenti. D’altro canto dovete arrivare ben idratati sul palco per riequilibrare la salivazione. Cinque minuti prima del vostro intervento dovrete bere dai 30 ai 50 cl d’acqua e questo risolverà la maggior parte dei problemi suddetti.

 

Andando in scena: trucchi a garanzia

Una volta giunto il vostro momento non dovrete far altro che individuare, come primissima cosa, nel pubblico dei volti (metaforicamente) “amici”. Persone che siano particolarmente empatiche e che, poste in varie posizioni nella platea, prenderete come riferimenti da guardare per tutto l’intervento.

Un’altro trucchetto a garanzia della buona riuscita dello speech è quello di prevedere un piano B per eventuali imprevisti. Se, infatti, doveste avere qualche minuto da riempire e proprio non potete andare avanti con il vostro speech allora è bene farsi trovare preparati: “Questo contrattempo capita a fagiolo; così avrò modo di dirvi una cosa che avevo dovuto tagliare dalla conferenza per questioni di tempo… Lasciate che ora faccia io una domanda a voi…”

 

Sul palco: espressività fisica e vocale

Come apparite influenza la sintonia che la platea avrà con voi, dunque non oscillate nervosamente, non muovetevi in maniera inconsulta e, d’altro canto, non rimanete fermi impalati come foste robot. Usate, piuttosto, le braccia e le mani per sottolineare dei concetti e, se non siete davvero a vostro agio nel contesto, evitate di camminare nervosamente su e giù per il palco e restate fermi con le gambe in un punto muovendovi solo dal busto in poi per ruotare verso tutta la platea.

Anche il modo in cui parlate è qualcosa che influenza la platea che vi ascolta: non siate monotonali e ricordatevi di dare significato alle parole che pronunciate. Metteteci passione e questa trasuderà nel vostro speech.

 

Se avete mantenuto l’attenzione del pubblico durante il discorso, non rovinate tutto con un finale piatto. Come ha ben spiegato Danny Kahneman, sia nel suo libro Pensieri lenti e veloci che nella sua TED Talk, il ricordo di un evento può essere molto diverso dall’evento stesso e in gran parte dipende da come l’esperienza si è conclusa. In breve: se il finale non è memorabile, può darsi che il pubblico dimentichi anche il resto del discorso. Ecco come non concludere:

  • «Bene, vedo che il mio tempo è scaduto, quindi mi fermo qua.» (Vorresti dire che hai ancora molto da dirci ma non puoi farlo perché non ti sei saputo organizzare?)
  • «Infine vorrei ringraziare la mia fantastica squadra, che vedete in questa foto: Davide, Anna, Andrea, Samanta, Meredith, Giggino, Abdul ed Hezekiah. Vorrei ringraziare anche la mia università e i miei sponsor.» (Adorabile, tu vorresti dire che tieni più a loro che alla tua idea e, soprattutto, che tieni più a loro che al tuo pubblico?)
  • «Quindi, data l’importanza dell’argomento, spero che avremo occasione di conversarne ancora insieme.» (Conversarne? Tutto qui? E con una conversazione cosa dovremmo risolvere?)
  • «Il futuro è pieno di sfide e opportunità. Ognuno ha dentro di sé la capacità di fare la differenza. Sogniamo insieme. Siamo noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.» (Le intenzioni sono buone, ma gli stereotipi aiutano nessuno.)
  • «Concludo con questo video che riassume quello che ho appena detto.» (No! Mai! Mai concludere con un video, concludete con voi stessi!)
  • «E con questo chiudo la mia argomentazione. Ci sono domande?» (Ecco, avete trovato il modo giusto per non farvi applaudire.)
  • «Mi dispiace non aver avuto il tempo di discutere alcuni punti importanti, ma spero di avervi dato almeno un’idea generale.» (Non scusatevi: organizzatevi meglio! Il vostro compito era fare il miglior discorso possibile nel tempo a disposizione.)
  • «ln chiusura, vorrei ricordare che se avesse i fondi necessari l’organizzazione per cui lavoro potrebbe risolvere il problema di cui vi ho parlato. Se volete, potete cambiare il mondo insieme a noi.» (Ah, quindi volevi dei soldi?)
  • «Grazie per essere stati un pubblico così incredibile. Ho amato ogni momento qui sul palco, con voi. Mi porterò dentro quest’esperienza per molto, molto tempo. Siete stati così pazienti, so che ricorderete quello che avete sentito oggi e lo metterete in pratica nel migliore dei modi.» (Un «grazie» sarebbe bastato.)

È incredibile quanti discorsi si spengano semplicemente nel nulla. E quanti abbiano una serie di finali finti, come se l’oratore non volesse lasciare il palco. A meno che non prepariate con cura il finale, vi troverete ad aggiungere paragrafi su paragrafi: «Infine, come ho detto, il punto centrale… Quindi, in conclusione… Sottolineo ancora una volta la ragione per cui questo argomento… E naturalmente dobbiamo continuare a ricordare… Ah, un’ultima cosa…». È snervante. E rovina l’effetto del discorso.

Ecco invece sette ottimi modi per concludere:

  1. DARE UNA VISIONE D’INSIEME

Durante il discorso avete parlato di un tema in particolare. Perché non chiudere mostrando il quadro generale, un affresco più ampio delle possibili implicazioni del vostro lavoro?

David Eagleman ci ha dimostrato come il cervello umano funzioni riconoscendo e identificando determinati schemi e che, se ricevesse impulsi elettrici sconosciuti, Potrebbe interpretarli come se arrivassero da un nuovo organo sensoriale, in modo da poter percepire intuitivamente nuovi aspetti del mondo in tempo reale. Ha concluso accennando alle infinite possibilità che questa nuova scoperta con sé:

Immaginate un astronauta in grado di percepire lo stato complessivo dell’intera Stazione Spaziale Internazionale o, più in piccolo, i valori invisibili della vostra salute, come gli zuccheri nel sangue e lo stato del vostro microbioma, oppure immaginate di avere una visione a 360 gradi, o a infrarossi, o a ultravioletti. Il punto è questo: col passare del tempo, avremo sempre più la possibilità di scegliere i nostri dispositivi periferici. Non dobbiamo più aspettare i doni sensoriali che Madre Natura ci concede seguendo i suoi tempi. Essa, come ogni bravo genitore, ci ha dato gli strumenti che ci servivano per addentrarci nel mondo e definire la nostra Traiettoria. Perciò la questione è: in che modo volete uscire da voi stessi e fare esperienza dell’universo?

  1. APPELLO ALL’AZIONE

Se avete dato al vostro pubblico un’idea potente, perché non concludere spingendolo a metterla in pratica?

Amy Cuddy, che insegna alla Harvard Business School, chiuse il suo discorso sulla relazione tra postura e sicurezza in se stessi invitando il pubblico a provare in prima persona e a far provare agli altri:

Parlatene in giro. Condividete queste tecniche con altre persone, perché coloro a cui servono di più sono quelli che non hanno risorse né tecnologia, che non hanno status sociale né potere. Datele a loro perché possano metterle in pratica in privato. Hanno bisogno solo del loro corpo e di due minuti di privacy per cambiare significativamente vita.

Forse fu proprio quest’invito a contribuire alla straordinaria viralità della conferenza.

Nel suo intervento sull’umiliazione pubblica, l’invito finale all’azione dello scrittore Jon Ronson fu ammirevolmente conciso:

Il bello dei social media era il fatto di dar voce a chi non ne aveva, ma ora stiamo creando una società del controllo in cui il modo più intelligente per sopravvivere è tornare a essere senza voce. Non lasciamo che accada.

  1. IMPEGNO PERSONALE 

Invitare il pubblico ad agire è efficace, ma a volte chi par1a acquista molti più punti impegnandosi in prima persona. Al TED l’esempio più clamoroso si ebbe quando Bill Stone parlò della possibilità di far tornare l’uomo sulla luna, convinto che una nuova spedizione potrebbe creare un’industria di massa e aprire l’esplorazione a una nuova generazione.

Poi aggiunse: 

Vorrei concludere qui sul palco del TED con una promessa. Io voglio essere a capo di questa spedizione.

Un impegno personale come questo può essere estremamente emozionante per chi ascolta. Ricordate cosa disse Elon Musk in un TED cruciale? «Da parte mia non mollerò mai, e dico mai.» Quella è stata la chiave per ridare energia al suo team di SpaceX.

Nel 2011 la nuotatrice Diana Nyad tenne al TED una conferenza in cui spiegò come riuscire a fare ciò che nessuno aveva mai fatto, cioè nuotare da Cuba alla Florida. Ci aveva già provato in tre diverse occasioni, a volte resistendo e nuotando per cinquanta ore di seguito, affrontando pericolose correnti e punture di medusa quasi letali, ma aveva sempre fallito. Alla fine della conferenza elettrizzò il pubblico dicendo:

Ma quell’oceano è ancora lì. La speranza è ancora viva. Non voglio passare per la matta che ci ha provato per anni e anni e anni, tentando e fallendo, tentando e fallendo, tentando e fallendo. So che posso nuotare da Cuba alla Florida, e nuoterò da Cuba alla Florida.

E non mentiva: due anni dopo tornò sul palco del per raccontare come, a sessantaquattro anni, c’era finalmente riuscita.

Come per ogni cosa, prima di prendersi un impegno così grande bisogna essere molto prudenti. Se fatto nel modo sbagliato, può creare un momento di imbarazzo, e anche una perdita di credibilità. Ma se trasformare un’idea in realtà appassiona, forse vale la pena mettersi in gioco.

  1. VALORI E VISIONI 

Riuscite a trasformare le vostre parole in una visione ispiratrice o carica di speranza per il futuro? Molti oratori ci provano. La compianta Rita Pierson concluse il suo splendido discorso su come gli insegnanti debbano costruire una vera relazione coi ragazzi in questo modo:

Insegnare, così come imparare, dovrebbe essere un piacere. Quanto sarebbe migliore il mondo se i nostri ragazzi non avessero paura di rischiare, non avessero paura di pensare, se avessero un paladino? Ogni ragazzo merita di avere un paladino, un adulto che non lo abbandonerà mai, che comprende la forza del loro legame e insiste affinché diventi la miglior persona possibile. È duro, questo lavoro? Ci potete scommettere. Oddio, ci potete scommettere. Ma non è impossibile. Possiamo farcela. Siamo docenti. Siamo nati per fare la differenza. Grazie mille.

Rita morì un paio di mesi dopo aver pronunciato queste parole, ma il suo appello continua a esercitare tutta la sua influenza. Kitty Boitnott, un’altra insegnante, scrisse questo toccante omaggio: «Non la conoscevo personalmente e non sapevo niente di lei fino a ora, ma proprio oggi, attraverso il suo discorso, è entrata nella mia vita e mi ha ricordato perché faccio l’insegnante da più di trent’anni».

  1. SINTESI EFFICACE 

A volte gli oratori trovano il modo di ricontestualizzare efficacemente l’argomento che stanno trattando. La psicologa Esther Perel invitò il pubblico a un nuovo e più onesto approccio all’infedeltà, approccio che include la possibilità di perdonare. E concluse così:

Guardo le avventure da una doppia prospettiva: da un lato dolore e tradimento, dall’altro crescita e scoperta di sé, ovvero l’effetto che ha su di voi e quello che significa per me. Quando una coppia viene da me dopo un tradimento, dico: oggi in Occidente la maggior parte di noi ha due o tre relazioni o matrimoni, e alcuni di noi hanno più relazioni o più matrimoni con la stessa persona. Il vostro primo matrimonio è finito. Vi piacerebbe costruirne un secondo insieme?

E Amanda Palmer, che ha sfidato l’industria musicale per ripensarne il modello economico, chiuse il suo discorso in questo modo:

Credo che le persone siano ossessionate dalla domanda sbagliata: «Come facciamo a far pagare la gente per ascoltare la musica?». E se cominciassimo a chiederci: «In che modo potremmo permettere che la gente paghi per ascoltare la musica?».

In entrambi i casi una domanda spiazzante ha portato con sé un piacevole momento di rivelazione e chiusura, scatenando una lunga ovazione.

  1. SIMMETRIA NARRATIVA 

Un discorso costruito con cura su un filo conduttore può arrivare a una piacevole conclusione riallacciandosi, nel finale, a quello che è stato detto all’inizio. Steven Johnson cominciò il suo intervento sulla provenienza delle idee parlando del significato dei Caffè nell’Inghilterra della rivoluzione industriale. Erano luoghi in cui gli intellettuali si riunivano per stimolarsi a vicenda. Verso la fine raccontò la significativa storia di come furono inventati i GPS, illustrando le sue tesi sulla nascita delle idee. Poi, in modo brillante, accennò al fatto che chiunque tra il pubblico nell’ultima settimana aveva sicuramente usato il GPS per fare cose come… cercare il Caffè più vicino. Nel video si sentono il lieve sospiro di apprezzamento del pubblico e gli applausi ispirati dalla chiusura circolare del discorso.

  1. ISPIRAZIONE POETICA

Talvolta, se il discorso ha davvero coinvolto profondamente il pubblico, è possibile concluderlo con un linguaggio poetico che scavi ancora più a fondo nel cuore di chi ascolta. Una strategia simile non va applicata alla leggera. Ma quando funziona, il risultato è stupendo. Ecco come Brené Brown concluse il suo discorso sulla vulnerabilità:

Ecco cos’ho scoperto: lasciatevi osservare, profondamente, e in maniera vulnerabile; amate con tutto il cuore anche se non esiste garanzia … siate grati e felici di quei momenti di panico in cui ci chiediamo «Posso amare così tanto? Posso credere in qualcosa cosi appassionatamente? Posso essere così irremovibile su questo punto?». Essere capaci di fermarsi e, … invece di prevedere una catastrofe, dire «Sono felice, perché questa vulnerabilità significa che sono viva». E l’ultima cosa, e credo sia la più importante, è credere che valiamo qualcosa. Perché se cominciamo dicendo «Valgo qualcosa» allora smettiamo di urlare e iniziamo ad ascoltare, possiamo essere più gentili con le persone che ci stanno intorno e con noi stessi. Ecco cos’avevo da dirvi. Grazie.

Bryan Stevenson, avvocato per i diritti umani, chiuse il suo discorso, una conferenza di grande successo sull’ingiustizia nelle prigioni statunitensi, con queste parole:

Sono venuto al TED perché credo che molti di voi capiscano che la parabola morale dell’universo è lunga, ma tende verso la giustizia. Non possiamo considerarci creature evoIute finché non ci preoccupiamo dei diritti umani e della dignità di ognuno di noi. La nostra sopravvivenza è legata alla sopravvivenza di ciascuno. La nostra visione della tecnologia e del design, dell’intrattenimento e della creatività deve andare a braccetto con una visione di umanità, compassione e giustizia. E soprattutto, a chi di voi condivide tutto questo, sono semplicemente venuto a dire: «Non perdete di vista la meta: tenete duro».

Ripeto: non potete farlo alla leggera. Funziona soltanto quando il resto del discorso ha preparato il terreno a un finale di questo tipo, e quando è chiaro che l’oratore si è guadagnato il diritto di fare leva su determinati sentimenti. Ma, pronunciata dalla persona giusta al momento giusto, una chiusura del genere può essere sublime.

In qualsiasi modo decidiate di concludere, visate. Una chiusura elegante, seguita da semplice «grazie», è il modo migliore per terminare un discorso. Vale la pena darsi da fare per trovarla.

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